Quali strumenti un genitore ha a disposizione per influenzare la condotta del figlio.
Esperienza comune a molti genitori è la frustrante presa di coscienza di essere inascoltati dai propri figli.
Come far fronte a tale genitoriale impotenza?
Un primo aspetto su cui vale la pena di riflettere è: quale peso e valore diamo noi stessi alle nostre parole. In altri termini: quanto siamo disposti ad impegnarci affinché le nostre richieste vengano rispettate?
Ad esempio, dire ad un bambino: “Va’ a lavarti i denti”, e proseguire le proprie attività lasciando che lui continui a giocare e ad ignorare la richiesta, gli comunicherà che quello che diciamo non è importante nemmeno per noi; quindi, che non merita attenzione.
Più efficace è, una volta espressa una richiesta o una proibizione, impedire che cadano nel nulla, verificare che siano portate a termine. Oppure evitare di formularle.
Ipotizziamo che, nonostante la nostra fermezza, la richiesta rimanga inesaudita.
Quali possibilità abbiamo?
C’è chi cede, chi ricorre alla sculacciata e chi al ricatto.
Nel primo caso la situazione diventa, ben presto, ingestibile: bambino e genitori si ritrovano in balia di umori e desideri volubili del primo.
Per comprendere le possibili controindicazioni delle altre due strategie è sufficiente, invece, tener conto di un meccanismo fondamentale dell’apprendimento umano: l’imitazione.
Un neonato di poche settimane è già in grado di imitare movimenti di protrusione della lingua e della bocca. Questo la dice lunga sulle nostre capacità di apprendere da un esempio.
Qualunque cosa facciamo noi genitori dobbiamo essere consapevoli del ruolo di modello che assumiamo agli occhi, peraltro molto attenti, dei nostri figli.
Picchiando e ricattando insegniamo a picchiare e a ricattare.
Che resta da fare?
Possiamo fissare un regolamento, costituito da norme e sanzioni e spiegarne il perché.
Si tratta, cioè, di
1. esplicitare al bambino ciò che è lecito fare e ciò che non lo è
2. stabilire le punizioni da applicare in caso di trasgressione
3. spiegare il senso di tutto questo, comunicando quali siano i valori che sono alla base e danno significato alle norme.
Nel mettere a fuoco le regole da rispettare è importante riflettere su ciò che è veramente essenziale e distinguerlo da ciò che è solo fastidioso per noi adulti.
Ad esempio, il fatto che un bambino, giocando, si sporchi è realmente grave e meritevole di punizione? Oppure, benché fastidioso per chi deve lavare e stirare, è un evento che rientra nell’ordine naturale delle cose, un po’ come sporcarsi cucinando?
L’effetto di questa preliminare riflessione sarà che la gamma di comportamenti realmente gravi e meritevoli di sanzione, sarà limitata.
Se noi puniamo i bambini per ogni condotta che ci appare fastidiosa lo esaspereremo inducendolo o all’inattività (“Se tutto ciò che faccio è sbagliato, allora è meglio fare il meno possibile”) o a far peggio (“Se non va bene niente di quello che faccio allora tanto vale fare tutto ciò che mi pare”).
Un altro strumento di influenzamento della condotta, complementare alla punizione, è il premio.
Esso ha il pregio di non risentire degli inconvenienti tipici della punizione:
1. l’immagine di sé negativa che ne deriva.
2. l’associazione tra punizione e contesto in cui viene inflitta
1. Ricevere esclusivamente castighi induce ad una concezione di sé negativa che influenzerà il comportamento successivo.
Ad esempio: “Io a scuola sono quello che va sempre in castigo. Io sono fatto così, quindi, non posso far altro che comportarmi in modo da andarci”.
2. Il castigo suscita una sensazione sgradevole che viene associata all’ambito in cui viene applicata.
Ad esempio: “La scuola è il posto in cui mi accade il fatto sgradevole di andare in castigo”. La sensazione spiacevole si estende anche alla scuola e, di conseguenza: “La scuola non mi piace”.
In conclusione, la scuola è un posto sgradevole e io mi comporto male.
Sanzionare azioni inadeguate è necessario.
Non dimentichiamo, tuttavia, di valorizzare, premiandoli, i comportamenti corretti.
Questo significa essere attenti a cogliere anche piccoli aspetti positivi. Notarli, lodarli. Premiarli con un contatto fisico affettuoso. Valorizzarli agli occhi degli altri (es. “Sei stato così bravo che lo racconterò al papà”)
Nel caso di comportamenti particolarmente desiderabili o che appaiono difficili da ottenere da un determinato bambino, si può prevedere anche una vera e propria piccola ricompensa (es. accompagnare la mamma in qualche luogo preferito).
Premiare i comportamenti adeguati favorisce il loro ripetersi, come anche gli esperimenti in laboratorio su topi e cani confermano.
Inoltre, contribuisce a generare un’immagine positiva di sé; immagine positiva a cui il comportamento tenderà ad uniformarsi.
Alimenteremo, così, un circolo virtuoso.